Quando un ritiro vale una vittoria

La partecipazione ad una gara per un pilota è supportata da una sola motivazione:la vittoria che esclude a priori la possibilità del ritiro.

Dopo una settimana dalla Susa-Moncenisio un altro splendido tracciato, quello cha da Aosta va verso la cima del  Monte San Bernardo, ospita le macchine lanciate verso una vittoria. Il gruppo dei partecipanti è folto ed agguerrito; la lotta vede opposte le Ferrari della Scuderia Marzotto, alla A.F.M. di Stuck; nella Sport 750cc le chance se le giuocano la Nardi di Emilio Giletti, mentre nella 1100cc la nutrita presenza delle Osca tra cui Fagioli fa pensare che le macchine bolognesi non avrebbero avuto problemi salvo il risveglio di Sighinolfi e la sua Stanguellini. In una splendida mattina che accoglie pubblico e piloti, le partenze iniziano con la Categoria Sport fino a 750cc la cui vittoria va a Valenzano, alla guida di una Nardi, davanti al favorito Giletti e Pasqualin. Subito dopo iniziano le partenze della 1100cc, nella quale l’Osca n. 26 di Fagioli si avvia con un rapido inserimento di marce. La corsa dell’osimano, regolare, precisa, curata nei dettagli con inserimento nelle giuste traiettorie, viene bruscamente interrotta verso metà della scalata da tre ombre che compaiono agli occhi del pilota all’uscita di una curva. Fagioli, in una frazione di secondo, si rende conto che queste sono una donna con due bambini che, incuranti del pericolo, hanno deciso di attraversare la strada pochi attimi prima dell’arrivo dell’Osca. Non pensando alle conseguenze il pilota direziona la ruote della macchina oltre la traiettoria indirizzando la macchina fuori strada. Con questa manovra, compiuta con generosità e grande prontezza di spirito, Fagioli mette fine alle sue speranze di vittoria. Le vite salvate come ricordato, dal Direttore di gara nel corso della premiazione nello storico Palazzo Civico di Aosta, “… rappresentano la più fulgida delle vittorie della tredicesima Aosta-San Bernardo”.



Le sorprese del GP di Germania

Il Gran Premio di Germania programmato per un trionfo pieno rimane invece ricordato per tre sorprese: una sconfitta inaspettata, una grande vittoria e i patti rispettati.

Il Gran Premio di Germania del 1935 passa negli annali della storia dell’automobilismo come la più grande gara disputata da Tazio Nuvolari quando guidando l’Alfa Tipo B P3,  in maniera monumentale, il piccolo mantovano riuscì a sconfiggere le Frecce d’argento scese sul Nurburing per segnare la loro nona vittoria consecutiva. Quella gara va ricordata anche per un altro motivo, meno importante ma significativo legato al comportamento di Luigi Fagioli che già per due volte era entrato in rotta di collisione con le direttive di Neubauer in merito al fatto di dare strada a un pilota tedesco anche se l’italiano fosse stato più veloce, contrariamente agli accordi presi al momento dell’ingaggio. Prima del via Neubauer chiese a Fagioli di rimanere tranquillo e per garantirsi che l’eugubino si fosse tenuto in disparte gli venne affidata, come a Geier, la vecchia W25 da 3400cc mentre Caracciola e Brauchitsch avrebbero usato il nuovo modello da 4.000cc. Fino al dodicesimo giro, quando l’italiano dovette entrare ai box per registrare frizione e  ammortizzatori, dopo avere dato dimostrazione di essere all’altezza e di sapere rispettare i patti Fagioli, lottando tra il secondo e il quarto alle spalle di Caracciola, con l’ Auto Union di Rosemeyer e l’Alfa di Nuvolari, riuscì a tenersi dietro la più potente W25B di Brauchitsch. Davanti, intanto, Caracciola, con Nuvolari fermo ai box, venne costretto a cedere il comando a Brauchitsch che si trovò a dover resistere all’attacco di Nuvolari. Mentre Brauchitsch causa il dechappamento di una gomma e pessimi ordini di scuderia regalava il trionfo in Germania a Nuvolari. Fagioli, da parte sua, ligio agli ordini concludeva la sua gara nelle retrovie andando a ricoprire il sesto posto.


La Mercedes numero 722 e l’ indelebile ricordo

Sulle strade italiane qualche anno fa si combatté, pigiando sull’acceleratore, un’epica battaglia dall’esito ancora incredibile.

Al via ci sono 521 vetture. La battaglia è tra Italia e Germania con la Ferrari che porta macchine sia con motore da tre litri che 4.4, mentre le Mercedes prendono il via con quattro 300 SLR. Moss prende il via con il navigatore scegliendo il giornalista Denis Jenkinson. La Mercedes di Stirling Moss contraddistinta dal numero 722 è subito veloce ma, la Ferrari – nonostante sia partita 5 minuti più tardi– è più performante tanto che supera il britannico. Al primo punto di controllo a Verona Paolo Marzotto su Ferrari è il leader con una media di 198 km/h. A Ravenna non c’è più Marzotto in testa ma Castellotti, che procede ad un media di oltre 192 orari. Moss però non si dà per vinto percorrendo il tratto da Brescia a Pescara a 190 Km/h. Una follia. Al rilevamento in Abruzzo, il leader della corsa è nuovamente cambiato: davanti a tutti è salita la Ferrari del romano il romano Taruffi che ora è davanti a Moss e alla sua 722 bianca, La Mercedes è vicina, molto vicina fino a che il vantaggio scompare. A giro di boa di Roma il leader è proprio Moss. La Ferrari di Taruffi ha dei problemi meccanici e si ritira dalla corsa, ormai il primo inseguitore è Juan Manuel Fangio. Ma è distante. Il pilota della numero 722 uscito anche di strada non abbandona la testa della corsa fino a Brescia, dove arriva in 10 ore 7 minuti e 48 secondi. La sua media? Mostruosa, un vero record: 157,650km/h, alla quale si unirono i nuovi record sui tratti Brescia-Pescara (189,981 km/h) e Brescia- Roma (173,050 km/h), oltre che sulla Cremona-Brescia (198,464km/h) del gran Premio Nuvolari.