Le fortune della Scuderia Ferrari

Si può vincere in tanti modi ma come la Scuderia Ferrari, dopo avere perduto a pochi chilometri dal traguardo la macchina al comando, va a vincere ha dell’incredibile.

Della Mille Miglia del 1948 tanti sono i ricordi che la caratterizzano ma quattro in particolare sono quelli che balzano alla memoria con più facilità. Il primo è rappresentato dai pronostici che davano l’Alfa Romeo rientrante con Nuvolari e la bagarre che lo avrebbe visto nella lotta con Biondetti per la rivincita dell’anno prima. Il secondo è il debutto nella corsa bresciana della Ferrari presente con le Tipo 166 mentre il terzo è la presenza del mantovano nel Team delle 166SS. La partecipazione del Mantovano con la Ferrari è una sorpresa per tutto l’ambiente fortemente voluta da Ferrari che con insistenza, in nome della vecchia amicizia, riuscì a convincere Tazio, che era sul Lago di Garda per curarsi le ferite della sua salute e il dolore per la morte dei suoi due figli, a scendere in lizza due giorni prima del via. Sarà la presenza dell’anziano Mantovano il principale motivo  che terrà vivo il ricordo di quella Mille Miglia. La corsa di Nuvolari alla guida di un mezzo sconosciuto mai provato prima, con a fianco Scapinelli, rappresenta la quarta sorpresa. Sorpresa data dalla 166 che guadagna secondi poi minuti; al giro di boa a Roma, dopo avere perduto cofano e un parafango, ha una ventina di minuti su Biondetti. Ma non basta, proseguendo si allenta anche il seggiolino e incurante delle raccomandazioni di Ferrari, Tazio prosegue fino in prossimità di Reggio Emilia dove quello che rimane della 166SC, dopo avere subìto la rottura della sospensione posteriore, viene prelevata una balestra per sostituirla sulla 166SS di Clemente Biondetti e consentirgli di proseguire la sua corsa vittoriosa verso Brescia.

Tre Ferrari sul podio non fecero notizia.

Nel mondo sportivo era normale che le schiaccianti vittorie della Ferrari riportate nella stampa sollevassero enorme sorpresa. Quella volta lo  scalpore non ci fu.

Il 12 maggio uomini e macchine si ritrovano a Brescia per la difficile e selettiva Mille Miglia che si avvia tra le critiche feroci indirizzate alle auto sono ormai dei missili (la Maserati 450 S dichiara 300 km/h) e alle strade che sono pubbliche, unite ad una forte componente di piloti privati con poca esperienza. Dopo una imponente presenza di macchine confluite a Brescia, al via dalla pedana di viale Venezia, uno dopo l’altro scendono sull’asfalto gli ultimi sei mostri su quattro ruote: Ferrari 335 per Alfonso Antonio Vicente Eduardo Ángel Blas Francisco de Borja Cabeza de Vaca y Leighton, marchese di Portago, una Ferrari 315 Sport per Von Trips, una Maserati 350 Sport per il tedesco Hans Herrmann, Ferrari 335 per Peter Collins, Ferrari 315 Sport per Piero Taruffi, Maserati 450S per Moss. Il nome del vincitore potrà essere solamente tra uno di questi. Le Ferrari vanno subito forte con Collins seguito da Taruffi che ha promesso alla moglie di smettere di correre se vince la Mille Miglia. A Bologna Taruffi è in crisi ma Ferrari gli dice di insistere perché Collins ha problemi e che dietro di lui si trova Von Trips. Mentre il canuto romano stringendo i denti, dopo 10h27’47” di sofferta battaglia, arriva a Brescia dove apprende la notizia di avere vinto perché Collins ha dovuto fermarsi, 40km più indietro si consuma la tristissima tragedia che coinvolgendo la Ferrari di De Portago segna anche la storia di una corsa unica, irripetibile chiudendo anche un’Epoca indimenticabile. In questa occasione le tre Ferrari, per la seconda volta sul podio della gara bresciana con Taruffi, Von Trips e Gendebien, non fecero notizia.

Quando un ritiro valse una vittoria

La partecipazione ad una gara per un pilota è supportata da una sola motivazione:la vittoria che esclude a priori la possibilità del ritiro.

Dopo una settimana dalla Susa-Moncenisio un altro splendido tracciato, quello cha da Aosta va verso la cima del  Monte San Bernardo, ospita le macchine lanciate verso una vittoria. Il gruppo dei partecipanti è folto ed agguerrito; la lotta vede opposte le Ferrari della Scuderia Marzotto, alla A.F.M. di Stuck; nella Sport 750cc le chance se le giuocano la Nardi di Emilio Giletti, mentre nella 1100cc la nutrita presenza delle Osca tra cui Fagioli fa pensare che le macchine bolognesi non avrebbero avuto problemi salvo il risveglio di Sighinolfi e la sua Stanguellini. In una splendida mattina che accoglie pubblico e piloti, le partenze iniziano con la Categoria Sport fino a 750cc la cui vittoria va a Valenzano, alla guida di una Nardi, davanti al favorito Giletti e Pasqualin. Subito dopo iniziano le partenze della 1100cc, nella quale l’Osca n. 26 di Fagioli si avvia con un rapido inserimento di marce. La corsa dell’osimano, regolare, precisa, curata nei dettagli con inserimento nelle giuste traiettorie, viene bruscamente interrotta verso metà della scalata da tre ombre che compaiono agli occhi del pilota all’uscita di una curva. Fagioli, in una frazione di secondo, si rende conto che queste sono una donna con due bambini che, incuranti del pericolo, hanno deciso di attraversare la strada pochi attimi prima dell’arrivo dell’Osca. Non pensando alle conseguenze il pilota direziona la ruote della macchina oltre la traiettoria indirizzando la macchina fuori strada. Con questa manovra, compiuta con generosità e grande prontezza di spirito, Fagioli mette fine alle sue speranze di vittoria. Le vite salvate come ricordato, dal Direttore di gara nel corso della premiazione nello storico Palazzo Civico di Aosta, “… rappresentano la più fulgida delle vittorie della tredicesima Aosta-San Bernardo”.