All’Autodromo di Monza sono state invitate dall’Alfa Romeo le SS.AA.RR. per provare brivido della velocità; per l’occasione viene chiamato il pilota Baconin Borzacchini.
Borzacchini è a Monza una settimana dopo il Gran Premio di Monza del 1930, in quanto ha ricevuto dalla Direzione Amministrativa dell’Alfa Romeo un telegramma con il seguente contenuto:”S.A.R. il Principe dei Piemonte e consorte, vuol girare a Monza su una macchina da corsa. Si tenga pronto. Jano”. Dopo un primo momento di stupore, al pilota ternano, non rimane che fare armi e bagagli e partire in direzione Monza per rispettare l’invito.
Il giorno 16 settembre, i due piloti, Borzacchini e Marinoni dopo essersi guardati negli occhi meditando sulla responsabilità che di lì a poco sarebbe toccata ad entrambi, si tranquillizzano pensando che i Reali consorti avrebbero voluto solo saggiare alcuni giri della pista a moderata velocità.
Dopo aver fatto alcuni giri per provare la messa a a punto delle macchine, come ricorda Borzacchini, toccò al pilota ternano far salire sulla Tipo Corsa la Principessa Maria Josè che si accomodò nell’abitacolo in attesa della partenza. L’Alfa si avviò lentamente per percorrere il primo giro del vecchio circuito della pista, poi un altro del nuovo e infine un ultimo giro di quello della sola pista. Giunto ai box nell’abitacolo, rassicurata che il giro sarebbe stato tranquillo, prese posto la Principessa Romanoff. Come l’Alfa percorse i primi metri la Principessa esclamò:” Plus vite, plus vite…” Poco dopo davanti ai box l’Alfa passò a quasi 150km /h. Dopo due giri tutto ebbe fine con le congratulazioni alla Principessa per il suo coraggio.
Subito dopo toccò al Principe Umberto prendere posto nell’Alfa già calda nel motore. Terminati i due giri, Maria Josè si congratulò con il Principe al quale il cronometrista Turba gli comunicò “Centosessanta all’ora, Altezza!” “Perbacco!” rispose. La gratificante esperienza del contatto con i componenti della Famiglia Reale portò Baconin a fare una profonda riflessione dalla quale emerse il convincimento che fosse ora di potersi disfare di quel nome che, anche da un punto di vista sportivo, lo penalizzava con la stampa dell’epoca. Fattosi pertanto coraggio, dopo averne parlato anche a casa con i suoi, decise di avviare le pratiche per cambiarlo in un più normale Mario Umberto. La cosa venne poi ufficializzata nel corso del mese di aprile dell’anno successivo.
(Estratto da: Baconin “il fratellino di Nuvolari“)