Perugia: La sua prima corsa in salita

Tra la polvere, l’incredulità della gente, Perugia vive la sua giornata di sport con la sua prima corsa in salita vinta da una Fiat 12HP.

20 settembre 1902. Una data storica per i perugini e per l’Umbria che assistono alla prima corsa automobilistica della regione, in ordine di tempo la quarta nazionale, dopo la salite della Consuma, la Sassi-Superga, e la Susa-Moncenisio.

A Perugia l’idea di avere una corsa propria nacque, dopo che in città fece tappa del 1° Giro Automobilistico d’Italia nel 1901, all’interno del Veloce Club cittadino che pensò di far percorrere alle macchine in gara gli 8km di strada che separavano la località di Madonna del Piano ai Giardini del Frontone. La  partecipazione fu riservata ai mezzi a motore con quattro ruote divisi secondo il peso: fino a459kg, fino a 650kg e oltre tale peso. A ricordo di quella coraggiosa dimostrazione, al primo di ciascuna Categoria come premio tre medaglie d’oro del valore rispettivamente di 50, 75 e 100lire. Alle 9,00 in punto, con i cronometristi attrezzati di tutto punto, sotto la sorveglianza del personale e tra curiosità mista a diffidenza della gente, il Direttore di gara, agitando la bandiera a scacchi bianca e nera ordinò alla prima macchina di partire. Accompagnato dalla nube d’olio e carburante incombusto, l’equipaggio prese la partenza avviandosi verso l’arrivo, scosso dalle traballanti ruote a causa dello sconnesso del fondo stradale, seguito dalle rimanenti macchine, di quattro minuti in quattro minuti.

Alla fine della mattinata, il più veloce a raggiungere i Giardini del Frontone fu Argeo Staffa, lo choffeur della Fiat 12HP di 3700cc, di proprietà di Valentino Valigi di Marsciano, che raggiunse la città in 11’32” dopo aver percorso il tratto alla velocità di 41,618km/h.

(Estratto da: “Polvere e Benzina”)

La leggenda delle Frecce d’argento

Da un reclamo presentato dalla Scuderia Ferrari sulla irregolarità del peso delle macchine della Mercedes per non farle partire fa nascere una leggenda.

Come oggi, anche all’epoca le corse non si vincono solo sui campi di gara, ma si prova a portare a casa i risultati anche a tavolino con qualche reclamo. Infatti nel 1934 al GP dell’Eifel, secondo il racconto di Neubauer nel suo libro “Manner, Frauen und motoren”  quando le Mercedes W25 vengono presentate alle verifiche tecniche ante-gara, ai tecnici della Scuderia della Ferrari non sfugge il particolare che le vetture tedesche sono state portate al peso senza olio dei freni che invece deve essere nell’impianto. Ricevuta la segnalazione, dato che la verifica va fatta senza gomme, senza acqua e olio motore, i Commissari tecnici richiamano le vetture tedesche per il rabbocco olio freni. Effettuata l’operazione la lancetta della bilancia si ferma a 751kg che, anche se per un solo chilo, rappresenta un valore troppo alto rispetto al massimo consentito! Dopo un primo momento di indecisione, scrive ancora Neubauer, i tecnici tedeschi trovano la soluzione. Ritirano le macchine e nel corso della notte quattro meccanici rimuovono tutta la vernice bianca dalle lamiere di alluminio delle due vetture che al termine del lavoro, tirate a lucido, splendono nel loro colore argenteo. Al mattino dopo le due Mercedes di Brauchitsch e di Fagioli, trasformate in “Silberpfeil” Frecce d’argento, tra lo stupore del pubblico e con buona pace della Scuderia Ferrari, superano lo scoglio delle verifiche tecniche essendo ampiamente al disotto del peso minimo previsto. Tutto questo secondo il racconto del Team Manager Neubauer.

In realtà, anche se risponde a vero che nel 1934 le regole sul peso stabilivano il rispetto dei 750kg, in quella gara essendo troppo poche le macchine in regola nel peso  venne deciso di correre con la regola del peso libero. Pertanto il racconto di Neubauer è fantasioso.

(Estratto da: Luigi Fagioli – il pilota che non disse mai basta-)

Il Gran Premio vinto prima di partire.

Per una svista nel Regolamento sportivo del Gran Premio un reclamo fatto prima di partire consente di eliminare  l’avversario più pericoloso e vincere la gara con facilità.

Il 6 marzo del 1928, in compagnia di Materassi, Fagioli, Varzi e Borzacchini, Nuvolari sbarca dal Piroscafo “Tripolitania” nel porto di Tripoli, già in festa, per l’atteso Gran Premio valido per il Campionato Italiano.
Una gara su sedici giri per un totale di 419,200km terminati i quali chi riuscirà ad emergere su tutti si aggiudicherà le 50.000lire in palio.
I favoriti, sulla carta, sono il toscano Materassi sceso in Africa con due Talbot 700 da 1500cc, una delle quali è per Luigi Arcangeli, neo acquisto della Scuderia fiorentina; Nuvolari anche lui con la sua Scuderia ha portato tre Bugatti Tipo 35C oltre 1500cc: per se, per Pastore e per Varzi.
Il giorno della punzonatura delle macchine per un cavillo regolamentare, una questione di principio divenuta forse una ripicca da parte di Nuvolari nei confronti di Materassi, quelle del toscano non possono essere schierate poiché il Regolamento internazionale le classifica come monoposto e Materassi, che per questo corre senza meccanico, dovrebbe installare 70kg di zavorra come sostenuto dal mantovano. Materassi, che afferma di non poter alloggiare tanta zavorra senza pregiudizio per la sicurezza personale e della macchina, chiede alla Direzione di poter correre senza. Basterebbe una firma di tutti i piloti ma Nuvolari davanti al foglio con puntiglio e decisione afferma: “Mi go dito che no ghe firmo, e no ghe firmo!” Eliminate, in un colpo solo, le scomode Talbot dell’avversario, Nuvolari già dalla vigilia della corsa riesce a mettere una seria e pesante ipoteca sulla vittoria che, poi in gara, porta a casa insieme al premio finale.
(Estratto da: – Baconin “Il fratellino di Nuvolari” -)