Un Generale della Milizia Forestale alla guida di un’ Alfa Romeo alimentata a carbonella conclude la Mille Miglia.
La corsa bresciana per potere essere disputata doveva avere un enorme supporto economico al quale contribuivano, grazie alla forte azione di convincimento del giornalista Giovanni Canestrini fatta attraverso le colonne della Gazzetta dello Sport, anche se non tutte alla stessa maniera le Sedi del RACI delle città attraversate. Essendo stato quell’anno il RACI commissariato, l’edizione del 1933 venne inizialmente messa in discussione per mancanza di copertura economica che però l’Automobile Club di Brescia, quale Organizzatore, riuscì fortunosamente a superare. La settima Coppa delle Mille Miglia offrì come tutti gli anni importanti novità sia in negativo, purtroppo, che in positivo: la prima fu l’assenza dell’ Alfa Romeo ufficiale in seguito al ritiro dalle corse, altra fu l’ingresso in campo della Scuderia Ferrari con il Cavallino rampante dipinto sulle fiancate delle macchine; ma quello che sollevò la curiosità della gente fu che tra le macchine venne segnalata la partecipazione del Generale della Milizia Forestale Augusto Agostini risultato iscritto alla gara bresciana con un’ Alfa Romeo 6C 1750 GS alimentata a “gasogeno”. Una invenzione, stimolata direttamente da Mussolini, realizzata da Marco Ferraguti, professore di agraria all’università di Perugia. Agostini, in coppia con Sergio Ferraguti, figlio dell’inventore riuscì a concludere, anche se fuori temo massimo, la manifestazione bresciana con molto onore mantenendo, tuttavia, la non disprezzabile media di 51 km/h. La radio, che allora seguiva quasi in diretta l’andamento della gara, lasciò alla storia la notizia dei tre tentativi occorsi all’equipaggio per superare la salita del Piccione, tra Perugia e Gubbio.